La sentenza 11344/2023 della Corte di Cassazione conferma il licenziamento per giusta causa di un lavoratore, che su una chat di whatsApp con i colleghi aveva insultato e diffamato la datrice di lavoro.
Il suddetto lavoratore si era poi presentato in azienda, creando agitazione con un atteggiamento minaccioso, aggressivo e provocatorio, rifiutandosi di lasciare i locali aziendali, tanto da rendere necessario l’intervento die carabinieri.
La Corte ha quindi stabilito che fossero state fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare materialmente i fatti nei quali la datrice di lavoro aveva ravvisato infrazioni disciplinari, giudicando sufficientemente circostanziato l’episodio alla base del licenziamento.
La contestazione dell’addebito, necessaria in funzione di tutte le sanzioni disciplinari, ha infatti lo scopo di consentire l’immediata difesa e deve a tal fine rivestire il carattere della specificità; il giudice di merito nell’effettuare tale valutazione deve tener conto del contesto in cui i fatti di rilievo disciplinare si collocano, della natura e del contenuto dei fatti medesimi ed accertare se la mancata precisazione di alcuni elementi fattuali possa aver determinato un’insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto di difesa.