In tema di licenziamento per giusta causa, l’accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito, lo sottolinea la Corte di Cassazione con l’ordinanza 10124/2023.
I concetti di licenziamento e proporzionalità della sanzione sono infatti da intendersi quali clausole generali: per questo motivo il limitato contenuto dev’essere concretizzato dall’interprete, tramite la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge.
Il giudice, anche qualora riscontri l’astratta corrispondenza dell’infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente, è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità.
Per quanto riguarda la proporzionalità, i giudici precisano che va valutata tenendo conto degli obblighi di diligenza e fedeltà ed alla luce del “disvalore ambientale” che la condotta può assumere, tenendo presente la posizione del lavoratore nell’impresa e l’impatto che i suoi comportamenti possono avere sui colleghi.