Con l’ordinanza 17643/2023 la Corte di Cassazione si esprime sulla normativa per il pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute, ponendo l’attenzione sulla prescrizione e sull’onere della prova.
In merito alla prescrizione, citata da parte ricorrente, i giudici affermano che, anche qualora il rapporto di lavoro fosse cessato, rendendo di fatto impossibile la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite, al lavoratore va riconosciuta un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti.
Le ferie annuali retribuite costituiscono infatti un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro.
Il datore di lavoro è pertanto tenuto a provare di aver adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite.
La perdita di tale diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova:
– di aver invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente;
– di averlo nel contempo avvisato – in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
Il lavoratore deve essere considerato la parte debole nel rapporto di lavoro, sicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti.